mercoledì, gennaio 10, 2018

Mostra - Angela Glajcar: Luce e Spazio /Light and Space


Angela Glajcar: Creazioni di carta - Creare con la carta
di Sasa Hanten-Schmidt
Tradotto in italiano da Ursina Fasani

Gli oggetti e le installazioni creati con la carta da Angela Glajcar, scultrice di Mainz nata nel 1970, sono dedicati allo studio della percezione dello spazio. Gli equilibri finemente calibrati tra leggerezza e pesantezza, tra materialità e immaterialità sono volti a suscitare nell’osservatore una reazione emozionale nei confronti di questi oggetti inanimati. Tim Scott, professore di Angela Glajcar presso l’Accademia di Belle Arti di Norimberga, riconosce nella sua allieva una straordinaria “intelligenza sculturale”. Questa abilità di trovare soluzioni fondate e strategiche, porta l’artista a passare dal lavoro con il legno e l’acciaio a quello con la materia attualmente prediletta, la carta, che soddisfa le sue specifiche esigenze: a prima vista, infatti, essa appare leggera e vulnerabile, tuttavia, a dipendenza della qualità e della stratificazione, può anche essere pesante e resistente. Dato che la carta è formata da elementi naturali e risulta deperibile come un tessuto naturale, si trova in bilico tra l’essere completamente naturale o artificiale. Diversamente dal legno o dal metallo può assorbire infinite cromaticità ed è permeabile senza essere intrinsecamente colorata; si lascia lavorare senza un’attrezzatura particolare – anche se non senza che venga sviluppata una forza considerevole – ed è facilmente sollecitabile, cosicché le opere già per loro natura fluttuanti iniziano a oscillare proiettando un’ombra in movimento.

I lavori della serie intitolata “Terforazioni (ted. Terforationen)” rappresentano il nucleo dell’operato artistico di Angela Glajcar: solidi fogli di carta, i cui bordi sono spesso tagliati secondo severe linee geometriche, sono montati a una distanza regolare l’uno dall’altro; ogni singolo foglio è caratterizzato da parti mancanti, create tramite degli strappi, che lasciano il vuoto. La definizione “Terforazioni” coglie proprio questa particolarità: la parola “terforazione” si fonda, infatti, da un lato sul sostantivo “perforazione” (dal latino foramen=buco), ovvero l’atto di bucare dei corpi cavi o degli oggetti piatti; dall’altro, il termine coniato dalla Glajcar si ispira al vocabolo latino “terra”, omonimo in italiano. L’artista allude così al concetto di “terra incognita” (figurativamente: terra inesplorata), per indicare che il suo lavoro mira a sondare aree ignote; infatti “terra incognita” indica la vaga nozione, la supposizione di un sapere che attualmente non è ancora ben definibile. Ciò che si sottrae a una precisa definizione è la forma, lo spazio, che viene a crearsi dalla stratificazione intervallata dei fogli. Osservando questo “tra mezzo”, questo nulla, che però, essendo parte del lavoro, diventa lo stesso un qualcosa, lo sguardo non riesce mai ad attraversare completamente l’opera, dato che i buchi sono stratificati in modo che lo spazio porta verso l'indeterminato. Credere di riconoscere in questo spazio interno una caverna o un tunnel è una percezione basata semplicemente sull’esperienza individuale passata. Gli spazi creati dall’artista non sono di fatto un riferimento diretto alla realtà; non ci confrontiamo dunque con una caverna e neanche con la rappresentazione di una caverna. Tutto ciò con cui siamo confrontati è il mito della caverna di Platone: vediamo ciò che possiamo vedere o ciò che vogliamo vedere.

Conferenza a Gozzano